Il primo obiettivo è la ricostruzione di una vicenda umana e artistica che potesse coprire un lasso di tempo scoperto tra i Gagini e i Serpotta nell’ambito della storia dell’arte siciliana.
Si è infatti nel tempo configurata un’attività di questo Atelier, che ha avuto origini a Nicosia e che si è successivamente trasferito a Tusa, di tutto rispetto in un ambito della Regione Siciliana abbastanza vasto che parte da Carleone, Palermo, e arriva fino a San Marco d’Alunzio, almeno nella restituzione dei documenti che fino ad oggi è stata fatta.
Peppino, perché per noi “moderni”, per i giovani d’oggi, è importante impadronirsi di queste radici storiche?
È quasi scontato riprendere i ragionamenti che in questi giorni anche le cronache hanno riportato su quello che è il significato e il valore della memoria storica e del ricordo delle proprie radici.
In questo caso il ricordo della memoria si riferisce ad un fenomeno d’arte che era anche un fenomeno economico che riusciva a dare una ricaduta positiva a questo territorio.
I Li Volsi sono un fatto artistico perché coprono quel vuoto che Sciascia aveva colto nella prefazione de “Gli scultori del Cassaro” che ha per noi un valore di riferimento, nell’opera, infatti, Sciascia parla dell’esigenza di un approfondimento nella cultura che va dai Gagini ai Serpotta.
I Li Volsi sono un fenomeno d’arte e sono nel contempo un fatto economico: la loro Bottega aveva la capacità di costruire relazioni, di cogliere le opportunità di questo territorio a anche degli altri territori dove si verificavano opportunità di commesse e da ciò ne derivava una forte ricaduta economica per tutto il territorio.
Angelo, nel tuo intervento, parlando della capacità dei Li Volsi di intessere relazioni con i comuni più vicini, hai affermato che oggi la stessa capacità da parte delle istituzioni e delle popolazioni di relazionarsi creerebbe un circuito virtuoso di sviluppo.
I Li Volsi, realizzando le loro sculture, hanno saputo interpretare le istanze che queste collettività mettevano nelle loro mani per dare delle sembianze umane alla loro tensione religiosa.
Se immaginiamo che la gran parte di queste sculture tutt’oggi sono portate in processione nel giorno della celebrazione del Santo Patrono dalle popolazioni dei vari comuni, sublimando quella tensione religiosa e mettendo in atto un’energia fantastica e coinvolgente, si potrebbe fare in modo che queste collettività dialogassero tra loro per dare vita ad un circuito che può mettere, insieme oltre al valore culturale, storico e artistico delle sculture, anche il valore etno-antropologico e folclorico di tutto quello che significa la celebrazione della festa del Santo Patrono.
a cura di Enza Digangi e Paolo Lidestri